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lunedì 31 marzo 2014

 
 



 


Non fatevi ingannare dal nome, non si tratta di antichi castelli scozzesi situati sulle cime delle nebbiose highlands, bensì dei più sinuosi Colli Albani su cui sorgono ben 13 cittadine note, per l’appunto, come Castelli Romani.
Luoghi di villeggiatura dei signori fin dai tempi dell’Impero, ancora oggi sono una delle mete preferite dai romani nelle torride giornate estive.
Da non perdere sicuramente Frascati, dominata dalla cinquecentesca Villa Aldobrandini, la cui splendida facciata svetta, con i suoi giardini all’italiana, sull’intera cittadina.
Se preferite invece uno stile più medievale, vi consigliamo di visitare, nella vicina Grottaferrata, l’Abbazia greca di San Nilo, fondata nel 1004 da monaci provenienti dalla Calabria bizantina.
Ma i Castelli Romani sono famosi anche per le cittadine che sorgono sui laghi di origine vulcanica, come Castel Gandolfo, residenza estiva del Papa, che affaccia sul Lago di Albano. Quando la stagione lo permette, vale la pena fare qui un bel bagno e magari rilassarsi in uno dei tanti caffè che costeggiano il lago.
Per un suggestivo panorama sul verde e sull’azzurro circostanti, ma anche per un assaggio di storia romana, non perdete la deliziosa Nemi. Questa cittadina domina dall’alto l’omonimo lago, sulle cui rive sorge il Museo delle Navi Romane, costruito da Mussolini per ospitare due antiche navi romane scoperte in fondo al lago quando fu parzialmente prosciugato tra il 1927 e il 1932.
Al di là di ville, antiche rovine e panorami mozzafiato, i Castelli Romani sono noti per la cucina e per il vino bianco che proprio in queste zone viene prodotto. La particolarità di questi posti sono le fraschette, caratteristici locali ricavati il più delle volte da vecchie cantine, dove è possibile gustare a buon prezzo vino, olive, formaggi, porchetta e piatti tipici romani. Famosa per le fraschette è sicuramente Ariccia, le cui vie e piazzette d’estate si popolano di tavoli all’aperto, ma anche le altre località non sono da meno: Monte Porzio Catone, Montecompatri, Rocca Priora, Colonna, Rocca di Papa, Marino, Albano Laziale e Genzano… c’è l’imbarazzo della scelta!
Buonanotte!
 
 
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La processione più antica d'Italia - Rainbow MagicLand 2012


Sacro corteo del venerdì Santo Cave (Roma) 6 Aprile 2012


 
Benvenuti in Italia!
 
 
 
 


giovedì 27 marzo 2014


Cave, Tutto pronto per una ricorrenza speciale di storia, cultura e religione: 135 anni della celebrazione del Venerdì Santo

marzo 26, 2014 • Cave, Cultura e Spettacolo, PRENESTINA
La celebrazione del  Venerdì Santo a Cave è una tradizione che il paese vanta da ben 135 anni, dal 1879. Anniversario che cade proprio nel 2014. Ogni anno  cittadini e non accorrono nelle strade principali della Città per ammirare il lungo corteo in abiti d’epoca che racconta visivamente la storia del Vecchio e del Nuovo Testamento, dagli albori alla Passione di Cristo fino alla Resurrezione.

A cadenze alterne l’evento è accompagnato anche da una vera e propria rappresentazione teatrale, da brivido, in una cornice suggestiva come quella scelta negli ultimi anni di P.zza Marconi, antistante la Parrocchia di S. Carlo Borromeo.
Per le strade cittadine sfilano circa 500 figuranti, bambini, cavalli, centurioni, cammelli, in immagini che restano scolpite nella memoria di tutti e che fanno compagnia nei propri ricordi.
Quest’anno il Comitato Pro Venerdì Santo ha deciso di creare una alternativa per coinvolgere maggiormente la popolazione. Infatti dal 29 marzo presso il Palazzetto dell’Arte, in P.zza Caduti di Nassirya, sarà allestita la mostra “Pietà in Arte” in occasione del Primo concorso per la realizzazione del Manifesto ufficiale per il 135′ Corteo Storico Religioso Culturale. Il 30 marzo marzo alle ore 17 ci sarà la premiazione del vincitore. Il giorno del Giovedì Santo, per la prima volta in assoluto, ci sarà la straordinaria rappresentazione di quadri scenici che racconteranno la storia dell’Ultima cena e dell’orto del Getsemani e che continueranno e raggiungeranno il loro apice il giorno successivo, il Venerdì Santo dopo la sfilata del tradizionale corteo, con la rappresentazione del processo, della Crocifissione, della disperazione di Giuda e della Resurrezione salvifica per tutti gli uomini.
Un momento di raccoglimento, di emozioni condivise, di riflessioni e di spettacolo che arriva dritto al cuore dei fedeli e che rende Cave un unicuum nella sua tradizione secolare.

sabato 8 marzo 2014

Emidio Pepe, il vino come si faceva una volta.

19 febbraio 2014

Da anni apprezzo i vini dell’Artigiano Emidio Pepe. Ogni volta che sono stato con gli amici in locali nei quali il Montepulciano d’Abruzzo e il Trebbiano erano proposti, molto volentieri li ho scelti, ricevendo indietro consenso e generando così nuovi estimatori del nettare che proviene da Torano Nuovo.
Come, grazie all’AIS Castelli Romani sede di Frascati, si è profilata all’orizzonte una degustazione di sei annate del Montepulciano d’Autore® certamente non me la sono lasciata scappare.
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La figlia di Emidio, Sofia, che cura la parte commerciale, coadiuvata da Franco Santini, redattore per l’Abruzzo della guida Touring Vini Buoni d’Italia, con molto trasporto ci ha parlato della storia aziendale.
Tutto ha avuto inizio cinquanta anni fa producendo l’annata 1964 di un vino che all’epoca era considerato da taglio e non da invecchiamento. Emidio, sfidando tutti i preconcetti  sul Montepulciano d’Abruzzo, invece iniziò subito a conservare parte della produzione in cantina, convinto che il vino che stava producendo fosse dotato di lunga vita. Una sua massima, spia della sua etica, è: non faccio nulla al vino, prendo solo il meglio che la terra mi da e lo metto in cantina.
Emidio, all’età di dodici anni già potava in vigna. Con la sola padronanza del dialetto Teramano stretto cercherà, nel 1970, sbocchi di vendita all’estero, recandosi a New York, e con ulteriori cento viaggi, in ogni angolo del mondo, ottenendo sempre più successo di vendita e riconoscimenti. Simpatica la sua riflessione: all’inizio portavo Io il vino per il mondo, adesso è il vino che mi porta in giro per il mondo. In tutti questi suoi viaggi, spiegare che il suo vino è come una persona e che ha bisogno di tempo per maturare prima di essere consumato, certamente non è stato facile. Certo bisogna aggiungere l’importante lavoro che Rosa, la moglie di Emidio, fa ogni volta che una vecchia annata è ordinata, decantando a mano, bottiglia per bottiglia, il vino per liberarlo dal deposito che i tanti anni trascorsi in cantina hanno inevitabilmente prodotto.
Le vigne, che si estendono per 15 ettari e consentono una produzione di 60/70 mila bottiglie annue, sono tutte posizionate a Torano Nuovo e a soli quattro chilometri dal confine con la Regione Marche. La ventilazione è garantita dalla posizione collinare a 240 metri di altezza, con il mare a 12 chilometri e la montagna a 20. Tutte le vigne espongono a sud, est e ovest ad eccezione del neonato Pecorino che espone a nord.
Precursore della moderna Biodinamica, Emidio ha da sempre trattato con coscienza le sue vigne, usando solo zolfo e acqua di rame, cosicché la notte i suoi grappoli sono illuminati dalle lucciole. Convinto che la pianta vive in simbiosi con l’Universo, ha sempre solo operato, quando necessario, sovesci in vigna e imbottigliato con la Luna giusta. Ancora oggi, grazie ai preparati biodinamici di Carlo Noro, in Autunno si da energia al terreno e in Primavera alle foglie, perché per Emidio la pianta è un essere che vive in simbiosi con le persone. Come successiva cura delle sue piante, Emidio analizza costantemente il terreno e quando necessario corregge eventuali mancanze tramite la semina del giusto tipo di erba.
Tutta quest’attenzione e cura servono per produrre un vino non omologato e di conseguenza in Azienda non esiste la figura dell’Enologo, nella convinzione di Emidio che è la mano dell’uomo a fare il vino e non la tecnologia.
Le vecchie vigne sono state lasciate a tendone e le nuove sono state impiantate a filare. Questa scelta permette una diversificazione della raccolta secondo l’annata. Infatti, nel 2003, che come tutti sappiamo, è stata un’annata calda, le uve del filare non sono state raccolte perché cotte dal sole, mentre l’impianto a pergola, grazie all’ombra praticata dalle foglie, ha permesso la vendemmia. In annate più fresche è stato il filare ad andare in aiuto.
Le uve sono raccolte e lavorate a mano e l’uva bianca, Trebbiano, è pigiata con i piedi, mentre la rossa, Montepulciano, è diraspata a mano prestando molta attenzione a lasciare i chicchi integri perché, in seguito nella cantina, non saranno effettuati rimontaggi.
Affinché il vino possa mantenere il suo equilibrio e invecchiare bene anche per 30 o 40 anni, rimanendo nel contempo vivo e quindi per poter raccontare al meglio la sua storia, si usano i tini di legno solo per la diraspatura  e si usano altresì le vasche di cemento che mantengono con naturalezza la temperatura costante intorno ai 23/25 gradi per 20/25 giorni.Come dice Emidio, questo è il modo per sentire solo e soltanto il vitigno, può piacere o non piacere ma questo è il Montepulciano d’Abruzzo. Di seguito il vino rimane 2 anni nel cemento per decantare. Ogni vigneto occuperà una vasca diversa. Non sono effettuate chiarifiche, ne filtrazioni. Succesivamente una parte del vino  sarà imbottigliata e messa in commercio, mentre un’altra sarà posta a invecchiare in cantina, sempre imbottigliata a mano con sifone e cannella di canna. Prima di mettere in commercio questa seconda parte, come scritto in precedenza, si avrà cura di stappare le bottiglie al fine di decantarle a mano e numerarle. Sono inoltre dati 20 anni di garanzia. Certamente il prezzo sarà la conseguenza di tutta questa cura e del fatto che sono 350.000 le bottiglie che riposano in cantina da tanti anni. L’annata 1964, anche per motivi di affezione, non ha prezzo mentre la 1975 viene via intorno ai 300,00 €. L’appassionato può quindi scegliere tra le diverse annate e degustare vini sempre diversi e mai omologati, grazie anche all’uso dei lieviti indigeni che produrranno sempre nuovi profumi ad ogni nuova stappata.
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Passando alla degustazione è subito evidente che, per le sei annate analizzate, il colore è rubino scuro ad eccezione della 2009 che si presenta rubino con bell’unghia violacea e il 1983 di color granato.
Montepulciano d’Abruzzo 2009. Vino figlio di un’annata piovosa. Poco invecchiato, quindi ancora poco capace di esprimere tutta la sua ricchezza di profumi al naso. Ci sono la mora, i frutti di bosco e la prugna unita a una nota animale. Molto beverino, grazie alla spalla acida, si accoppia con tutto. Lasciatelo riposare un anno o due.
Montepulciano d’Abruzzo 2005. Bellissima annata con pioggia a Luglio. Sembra ancora giovane e un poco ritroso a esprimere compiutamente i suoi profumi. Si nota la mancanza della nota animale e la presenza di frutti rossi e liquirizia. Alla beva è fresco ed equilibrato e malgrado i tannini presenti è dotato di buona acidità che invita di nuovo al sorso. In abbinamento a piatti strutturati e carne.
Montepulciano d’Abruzzo 2003. Annata calda. Le uve del filare non sono state raccolte. Il tendone è venuto in soccorso e grazie all’ombra praticata dalle foglie ha prodotto uve con chicchi dalla pelle vellutata e con riflesso violaceo. L’odore è un trionfo di fiori macerati, elementi balsamici, prugne, more e liquirizie. Il vino in bocca è morbido, tannico, con buona acidità, malgrado il caldo. Presenta quindi un ottimo equilibrio ed eleganza grazie anche alla nota dolce. Un risultato eccellente di un vino figlio di un’annata difficile. Da bere subito a tutto pasto.
Montepulciano d’Abruzzo 2001. Annata equilibrata. Il vino si rivela subito al naso più profondo, minerale ed equilibrato rispetto agli altri. All’attacco in bocca è morbido ma al tempo stesso di carattere, tannico, elegante. Eccellente già ora e con grandi potenzialità di crescita futura. Vino emozionante dal finale lunghissimo. Si accompagnerà bene con il cibo senza sovraccaricarlo. Provatelo con arrosto e guancia di vitello.
Montepulciano d’Abruzzo 2000. Qui siamo in presenza ancora di un’annata calda. Prevalgono le note animali. Al sorso è grasso, strutturato, morbido con sapidità finale e alcol in maggiore evidenza. Da bersi adesso e a tutto pasto.
Montepulciano d’Abruzzo 1983. Annata assolata con poca pioggia. Il vino profuma di cioccolato, tabacco, frutta sotto spirito, humus e fungo. Imponente e nonostante l’età mantiene una buona acidità che invita molto a bere nuovamente. Un perfetto vino da meditazione.
Durante la degustazione ho chiuso più volte gli occhi per meglio apprezzare gli odori e i sapori di questi splendidi vini e ogni volta l’immagine delle belle, pettinate e verdi colline Teramane, con i monti sullo sfondo, mi sono venute in mente a sottolinearmi di quanto questi vini certifichino il loro territorio.
Grazie Emidio per avere creato vini così veri e complimenti per aver trasferito alla tua famiglia e ai tuoi collaboratori tutta la tua etica.
Anche noi, ad ogni nuovo sorso dei tuoi vini Triple “A”,  ti sentiamo sempre più vicino, amico e mentore.
Azienda Agricola Bio Emidio Pepe
Via Chiesi, 10
Torano Nuovo – Teramo
Tel: +39 0861856493

Ai Castelli Romani, grazie a Bodega, si allarga la possibilità di mangiare un pescato di qualità.

26 febbraio 2014

Alcuni giorni fa ci è venuta la voglia di fare un break gastronomico verso i Castelli Romani. Forse ci siamo complicati la vita scegliendo di mangiare pesce in un territorio dove la carne e le verdure la fanno da padrone.
Certo già conosciamo pochi buoni indirizzi che sanno trattare l’ottima materia ittica del vicino litorale.
Tra questi particolare menzione va a Benito al Bosco, sempre capace di aggiudicarsi il meglio che ogni giorno l’asta di Anzio sa offrire. In passato Pipero di Albano, ormai trasferitosi a Roma, lo ricordiamo per le proposte di alto livello e sempre molto creative. Volendo oggi potremmo rifugiarci, sempre ad Albano, tra le pietanze ittiche della Galleria di Sopra o più in la da Taramà a Genzano. Qui purtroppo non esiste più un altro validissimo indirizzo, che si chiamava Bacaro, egregiamente gestito da Jeanpaul (Gianpaolo) Santarelli e Andrea Caporicci, che molti bei ricordi ci ha lasciato. Uscendo leggermente dalla zona avremmo potuto scegliere Aminta di Genazzano, con le inarrivabili ostriche di Marco Bottega, o la purezza del pescato di Marco Davi del Perbacco di Aprilia.
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Ma la giornata era bella e i Castelli ci hanno attirato e quindi, dopo aver visitato la bella Abbazia di San Nilo e la sua Cripta Ferrata, da dove deriva il nome Grottaferrata, ci siamo recati a scoprire il ristorante Bodega che sta nei pressi. Il ristorante è gestito dalla famiglia che è anche proprietaria della famosa pescheria di via Tuscolana in Roma.
Il locale e ben posto e ha ottime possibilità di parcheggio nelle vicinanze. Arrivando è evidente la terrazza esterna che crediamo sia molto ambita nei mesi caldi. Varcata la soglia, siamo entrati in un piccolo ma molto ordinato locale, composto di due sale. La prima sala, con tavoli da quattro persone, altresì dotata di un soppalco con tavoli per coppie, e la seconda dedicata “strategicamente” a gruppi più numerosi. Subito siamo stati gentilmente accolti e fatti accomodare da Federico Chialastri che è il nipote del famoso Marcello.
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Subito abbiamo capito che potevamo fidarci e quindi abbiamo dato carta bianca a Federico sulla scelta di una panoramica di antipasti, che nell’ordine erano così composti: scampi crudi, ostriche, crudo di gamberi, gamberi leggermente saltati, supplì alla carbonara di mare, orto e mare in tempura. Una partenza che ci ha fatto capire la bontà della materia prima. Ci è parso particolarmente riuscito il crudo di gamberi.
Essendo questa la nostra prima visita, e con il desiderio di capire al meglio la proposta gastronomica di Bodega, abbiamo scelto tre primi piatti diversi.
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Gli spaghettoni Verrigni con polpo e broccoli Romani erano abbastanza riusciti, peccato il leggero sapore della piastra che sbilanciava leggermente l’insieme.
Buoni gli spaghetti con le vongole e molto delicati, ma esuberanti nella dose, i ravioloni neri con seppie e mazzancolle al profumo di arancia.
Giacché la quantità, anche degli spaghetti, era stata generosa, ci siamo lasciati la possibilità di provare i secondi piatti durante una successiva futura visita e abbiamo ordinato i dolci.
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Questi sono stati una piacevole sorpresa e ci sono piaciuti. Buona l’idea di contenere l’ottimo e giustamente liquido tiramisù all’interno di una sfera di cioccolato.
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Particolare, per l’accostamento degli ingredienti, anche il triangolo di ricotta e pere e sicuramente riuscito ci è sembrato il cheesecake.
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I vini in abbinamento, scelti da una lista non estesa, che insieme ai soliti noti propone qualche chicca meno conosciuta, sono stati il Riesling Nick Weis e il Vermentino Karagnanj di Tondini.
C’è anche un piccolo ma ben assortito numero di vini rossi che possono egregiamente accompagnare qualche piatto di carne.
Siamo usciti contenti per la buona esperienza e, al di la di qualche ingenuità tecnica, dovuta alla giovanissima età dei gestori, la proposta ci è sembrata molto convincente soprattutto per la qualità della materia prima e altresì conveniente, soprattutto se si opta per il menù degustazione che viene proposto alla cifra di solo 25 Euro.
Crediamo che i proprietari stiano indirizzando la loro proposta verso i giovani, i gruppi e le famiglie, ma speriamo che in futuro, magari facendo qualche esperienza presso i grandi chef, potranno attrarre senza indugio anche un pubblico di gourmet molto esigenti.
Ristorante Bodega
Via Gabriele D’Annunzio, 16
Grottaferrata – Roma
Tel. +39 069415111

Damiano Ciolli, un giovane vignaiolo da tenere molto d’occhio per come interpreta il Cesanese con equilibrio ed eleganza.

7 marzo 2014

 Il vitigno Cesanese ha origini antiche e da sempre è presente sui suoli collinari intorno a Roma e in modo particolare laddove la provincia di Roma s’incontra con quella di Frosinone. Esistono due biotipi, quello Comune e quello di Affile. Il Cesanese del Piglio è DOCG mentre quelle di Affile e Olevano Romano sono DOC.
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Conosco da qualche anno Damiano Ciolli, un giovane Artigiano di Olevano Romano, e recentemente ho avuto modo di incontrarlo nuovamente al Westin Excelsior di Roma. Qui, all’interno dell’evento Vignaioli Naturali, ho degustato i suoi vini. Insieme con quelli delle ultime annate, Damiano, proponeva delle rare bottiglie di Cirsium 2004 e Silene 2007.
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Bevendo il Silene ho immediatamente capito perché Damiano crede molto nel suo vino “base”. Quest’annata ha prodotto un vino vero campione di eleganza ed equilibrio. Questo è stato uno dei migliori vini degustati durante l’evento e di sicuro è un bel riferimento di cosa si possa ottenere con le uve Cesanese.
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Ancora sconvolto dalla bella esperienza, ho voluto subito provare il Cirsium 2004 che si è subito rivelato con un’incredibile freschezza, nonostante l’età.
Credo che questo vino sia destinato a diventare ancora più buono con il passare degli anni. Appena mi è stato possibile sono andato a far visita alla sua cantina, posta su un terreno collinare e con un affaccio panoramico che ti rapisce appena sceso dall’auto.
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La pulizia dei vini l’ho subito ritrovata varcando la soglia. Una serie di contenitori di acciaio, alcune vasche di cemento, con una di esse appena arrivata, le barrique e la botte media si offrivano alla vista ordinate e all’interno di un ambiante pulitissimo e con i valori di umidità costantemente controllati.
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La cosa che fa più piacere, e accende la speranza, è che in futuro altri giovani del luogo potranno imitare quanto di positivo Damiano sta facendo per la valorizzazione del vino Cesanese. Certo è un lavoro dove lo spirito di sacrificio gioca ancora un certo ruolo, comunque nulla a che vedere con il passato, ma che certamente può essere veicolo di tante soddisfazioni, soprattutto quando si riesce, così come ha fatto Damiano, a generare un vino tanto elegante dove altri lottano ancora con la rusticità dello stesso.
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Siamo a Olevano Romano e le vigne, di Cesanese di Affile, sono sistemate a circa 450 metri sulle pendici del Monte Celeste. Molto interessante l’appezzamento, coltivato ad alberello e in seguito modificato a parete, che da origine al Cirsium con viti di 60 anni di età. Per il Silene l’anzianità delle vigne va dai 10 ai 30 anni.
Prima di andare via sono riuscito ad acquistare alcune bottiglie di Cirsium 2004 e l’ultima di Silene 2007. Del secondo vino scriverò appena avrò modo di degustarlo con calma, ma devo ammettere che ho resistito solo pochi giorni prima di bere il Cirsium.
Olevano Romano Cirsium 2004. Figlio di un’annata fresca si presenta con colore granato, profuma di frutta e fiori rossi, con note speziate, su un corpo potente, minerale, ferroso, è altresì sostenuto da fresca acidità e tannini elegantemente sferici. La chiusura è lunga. Vino interessante, intrigante e con la possibilità di migliorare ulteriormente in futuro. Lasciatelo riposare in bottiglia ancora qualche anno. Elegante, sferico, complesso. Vera emozione. Questo vino è stato incredibilmente buono in abbinamento al pesto ligure e alle salsicce di Bottega Liberati.
In precedenza avevo degustato anche le annate 2005, 2008 e 2009.
Olevano Romano Cirsium 2005. Elegante, equilibrato ma forte nell’esprimersi, sebbene il vino presenti dei profumi ancora timidi. Lasciatelo ossigenare bene prima del consumo e berrete un grande vino.
Olevano Romano Cirsium 2008. Di un brillante color granato, profuma di frutta su un corpo potente, sostenuto da buona acidità. La chiusura è pulita. Vino già molto interessante e intrigante con possibilità ancora di migliorare, magari lasciandolo riposare ancora un poco.
Olevano Romano Cirsium 2009 è ancora giovane e si presenta più fresco e dolce rispetto al fratello maggiore del 2005.
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Bravo Damiano Ciolli ad aver addomesticato il Cesanese, giocando con la freschezza del frutto, equilibrandola con il giusto alcool e un uso, per il Cirsium, misurato, elegante e preciso del legno.
Un valido esempio cui riferirsi per sfruttare al massimo un tesoro di vitigno che molto potrà dare al Lazio e all’intero Paese.
Damiano Ciolli
Olevano Romano (Rm) – Italy – Via del Corso snc
Telefono:+39 06 9564547
FAX: +39 06 9564547
E-mail: info@damianociolli.it